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  • Immagine del redattoreDott. Gianluca Rizzo

Le fonti di proteine vegetali

Consumi proteine a sufficienza? Questo è un interrogativo ancora molto comune nella nostra realtà alimentare occidentale e nutrizionalmente ricca.

È doveroso a questo punto fare alcune precisazioni per definire meglio gli aspetti che ci possono essere utili circa le nostre necessità nutrizionali, in particolar modo riguardanti le proteine, ed evitare così di realizzare un semplice elenco dei contenuti proteici dei singoli alimenti.


Ogni alimento che consumiamo può essere descritto dal punto di vista nutrizionale elencandone le caratteristiche di composizione e di resa calorica. Abbiamo tutti una certa dimestichezza con il concetto di resa energetica sottoforma di calorie, grazie alla disponibilità di prodotti trasformati e relative etichette alimentari. Molti sanno anche che le componenti energetiche (macronutrienti), che troviamo nei cibi, sono tre (carboidrati, proteine e grassi) e grazie a questa descrizione si può comprendere da quale proporzione dipenda la resa calorica di un alimento. Ciascuna di queste tre componenti non ha lo scopo di fornire solo energia ma presenta delle caratteristiche non interamente sovrapponibili. Senza voler fare una lezione didattica di biologia, ci soffermiamo sulla componente proteica, argomento di questo approfondimento.

Le proteine possono essere utilizzate per produrre energia per l’organismo o essere ridotte ad aminoacidi che verranno utilizzati come mattoni per la costruzione di nuove proteine che formeranno costituenti cellulari, muscoli, elementi di regolazione e altro. Alcuni di questi mattoni sono essenziali e cioè devono essere introdotti dall’esterno perché il nostro organismo non è in grado di costruirli. Quindi, le proteine possono essere considerate delle componenti essenziali nella dieta.

La presenza, in un singolo alimento, degli aminoacidi essenziali nelle proporzioni a noi utili per la sintesi proteica, viene tradizionalmente definita valore biologico. Le proteine del latte hanno un valore biologico più alto di quelle della carne che, a sua volta, presenta un valore biologico maggiore delle proteine dei cereali e dei legumi. Ovviamente, abbiamo bisogno di tutti gli aminoacidi essenziali che non devono necessariamente essere garantiti da un singolo alimento. Il latte ha un valore biologico più alto perché rappresenta un alimento specie-specifico che ha lo scopo di fornire una fonte esclusiva per l’accrescimento dei lattanti mentre la carne, essendo di fatto il risultato della sintesi proteica, avrà una composizione in aminoacidi simile ai nostri tessuti muscolari. Il valore biologico è un espediente didattico che ha lo scopo di classificare varie fonti proteiche. D’altro canto non è pensabile che ci si affidi in età adulta a un unico alimento per soddisfare il nostro fabbisogno proteico.


Un’alimentazione variegata, anche se basata su alimenti vegetali, è in grado di soddisfare ampiamente quantità e qualità degli apporti proteici, specialmente nei paesi sviluppati come il nostro dove il panorama alimentare è davvero vasto e variegato.

Di contro, non è una novità che il nostro problema sia l’eccesso alimentare, incluso quello proteico, spesso derivante da alimenti di origine animale. Inoltre, siamo sempre più influenzati da un riduzionismo nutrizionale che non ci consente di distaccarci dall’idea che la carne sia in assoluto un alimento proteico (quando invece è rilevante il contributo di grassi) e i cereali siano alimenti per lo più fonte di carboidrati (quando in realtà conferiscono anch’essi una quota proteica).

La nostra brama di proteine è guidata da vari fattori che includono il desiderio di una maggiore muscolarità, la necessità di placare la fame fino al mantenimento del peso corporeo.

Le proteine sono necessarie ma, tranne in età avanzata, non esiste una diffusa carenza da risolvere. Inoltre, per una questione etica, ambientale e di salute, basare nel lungo termine i nostri apporti proteici su vegetali poco processati può essere una buona idea.

Pochi sanno, per esempio, che per gli italiani la fonte principale di proteine è rappresentata da cereali e derivati. Proprio quegli alimenti che noi riteniamo fonte di soli carboidrati. Nella nostra dieta, i cereali sono rappresentati principalmente da pane e pasta ma per una corretta variabilità non dovremmo sottovalutare altri alimenti non basati sul grano come il mais, l’avena, l’orzo, il miglio, la segale e i cosiddetti pseudocereali, come grano saraceno, quinoa e amaranto, che dal punto di vista della composizione sono comparabili ai cereali, pur non essendo graminacee. Inoltre, i cereali meno lavorati presentano concentrazioni più elevate di proteine, oltre che di fibre, vitamine e sali minerali.

I legumi sono una fonte utile di proteine e ne possono contenere oltre il 35% del peso secco. Purtroppo in questo caso noi italiani, nonostante la presunta dieta mediterranea, ne consumiamo davvero pochi. Solo un 1,4% delle proteine che assumiamo mediamente deriva dai legumi, a indicare che si tratta di un consumo saltuario, verosimilmente come condimento della pasta 1-2 volte a settimana. È un vero peccato perché organizzazioni internazionali come la UN-FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per il Cibo e l’Agricoltura) sostengono che un maggior consumo di legumi potrebbe risolvere tante criticità mondiali: minor impatto ecologico della produzione alimentare; sufficiente disponibilità di cibo nei paesi in via di sviluppo; limitazione degli eccessi alimentari nei paesi industrializzati; prevenzione delle malattie croniche.

La chiave per un maggior consumo di legumi sta nella fantasia. Non solo zuppe ma anche vellutate, tortini con le farine, burger con i legumi e anche i formati di pasta di legumi, per gli amanti dei primi. Inoltre, l’apporto giornaliero di fonti proteiche da legumi e da cereali risolve definitivamente l’annosa questione del valore biologico delle proteine vegetali, completandosi a vicenda.

Anche la frutta secca oleaginosa può fornire una discreta quantità di proteine. A differenza di legumi e cereali, la troviamo associata a componenti non carboidratiche ma lipidiche che aiutano non soltanto a completare le necessità proteiche, attraverso la variabilità, ma permettono di bilanciare meglio tutte le macromolecole, evitando anche l’eccesso di carboidrati. Da notare che in età evolutiva, specialmente nei primi anni di vita, una variabilità di fonti proteiche è più che sufficiente per soddisfare i fabbisogni del bambino. Viceversa, i grassi assumono un ruolo decisivo nello sviluppo neurologico e quindi la frutta secca oleaginosa può fornire un apporto alimentare utile da più punti di vista. Nell’adulto tali esigenze si affievoliscono, tuttavia i grassi buoni di questi alimenti sono sempre stati associati a vantaggi per la salute cardiovascolare, senza preoccupazioni per il mantenimento del peso. Si tratta, naturalmente, di non limitarsi al consumo nel periodo delle festività (specialmente in preparazioni che contengono anche sale o zuccheri), ma di integrarne il consumo nelle abitudini giornaliere, (es. uno spuntino mattutino, una merenda o una colazione più completa).

Infine, verdure, frutta e i funghi, se pur rappresentano alimenti con minimi apporti proteici, possono nel complesso fornire una piccola quota aggiuntiva che può raggiungere il 20% del fabbisogno giornaliero complessivo, pur soddisfacendo le necessità di fibre, vitamine e sali minerali.

Le esigenze del singolo individuo possono discostarsi notevolmente dalla media ma è giusto focalizzare le reali criticità nutrizionali, spesso alterate nella nostra percezione. La paura dei carboidrati e dei grassi ha di recente elevato il ruolo delle proteine ma il rapporto proporzionale tra i tre macronutrienti può ancora fornirci spunti utili. I vegetali possono ricoprire un ruolo decisivo, a patto che non si dimentichi che anche questi, se processati intensamente, possono perdere le loro caratteristiche originarie. È il caso di alcuni surrogati carnei o le polveri proteiche che vengono pubblicizzate con l’intento di sopperire alle necessità proteiche e che inevitabilmente subiscono l’impoverimento delle trasformazioni eccessive praticate dall’industria alimentare.


Se scegliamo la varietà, è verosimile che il nostro apporto di energia, proteine, grassi e carboidrati riesca a mantenere proporzioni sostenibili senza necessità di conteggiare disperatamente le singole componenti.

 

Dott. Gianluca Rizzo

Biologo Nutrizionista, Dottore di Ricerca in Biologia e Bioteconologie Cellulari. Master in Integratori Alimentari, Perfezionamento in Nutraceutica. Docente in corsi di formazione ed ECM, fa parte del corpo docenti del Master Universitario in Fitoterapia e del Master in Fitobiologia, Nutraceutica e Prodotti per la Salute di Messina.  Autore tuttora attivo, come ricercatore indipendente, di pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali a revisione paritaria.

 

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